LA CORTE DEI CONTI 
            Sezione regionale di controllo per l'Abruzzo 
 
    Composta dai magistrati: 
        Manuela Arrigucci - Presidente di Sezione; 
        Marco Villani - Consigliere; 
        Luigi Di Marco - Consigliere; 
        Francesca Paola Anelli - Consigliere; 
        Antonio Dandolo - Consigliere (relatore); 
        Giovanni Guida - Primo Referendario. 
    ha  pronunciato   la   seguente   ordinanza   nel   giudizio   di
parificazione dei rendiconti generali della Regione Abruzzo  per  gli
esercizi finanziari 2016 e 2017; 
    Visti gli articoli 81, 97, 100, comma 2,103, comma 2, 117,  comma
1, e 136 della Costituzione; 
    Visto il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato
con regio decreto 12 luglio 1934, a 1214, e successive modificazioni;
- 
    Vista la legge 14 gennaio 1994, n. 20,  recante  disposizioni  in
materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti; 
    Visti gli artt. 38 e 40 del decreto legislativo  n.  174  del  26
agosto 2016 (cd. Codice di Giustizia contabile); 
    Visto il decreto legge 10 ottobre 2012,  n.174,  convertito,  con
modificazioni, in legge 7 dicembre 2012 n. 213 e successive modifiche
ed integrazioni; 
    Visto l'art. 9, comma 28, del decreto legge 31  maggio  2010,  n.
78; 
    Visto l'art. 40 della legge regionale  10  agosto  2010,  n.  40,
modificato dall'art. 32 della legge regionale 20  novembre  2013,  n.
42; 
    Vista la deliberazione della Giunta regionale  n.  226/C  del  17
aprile 2018 con la quale e' stato  approvato  il  "Disegno  di  legge
regionale recante il Rendiconto  Generale  per  l'esercizio  2016"  e
relativi allegati; 
    Vista la deliberazione  di  Giunta  regionale  n.  783/C  del  16
ottobre 2018, avente  ad  oggetto  "Riallineamento  rendiconti  2013,
2014, 2015 e 2016 - Provvedimenti"; 
    Vista la  deliberazione  di  Giunta  regionale  n.  918/C  del  3
dicembre 2018 con la quale e' stato approvato il  "Disegno  di  legge
regionale  recante:  Rendiconto  Generale  per  l'esercizio  2017"  e
relativi allegati; 
    Vista la deliberazione di Giunta regionale n. 193/C del 15 aprile
2019 avente ad oggetto: "Conferma del disegno di legge  regionale  di
cui alla delibera 226/C del 17.04.2018 e  della  deliberazione  783/C
del 16 ottobre 2018"; 
    Vista la deliberazione n. 257/C del  14  maggio  2019  avente  ad
oggetto: "Conferma  del  disegno  di  legge  regionale  di  cui  alla
delibera n.  918/C  del  03.12.2019  Disegno  di  Legge  regionale  -
Rendiconto Generale per l'esercizio 2017"; 
    Vista la deliberazione di Giunta regionale n. 384/C del 2  luglio
2019 con la quale e' stato approvato il "Disegno di  legge  regionale
recante:  "Rendiconto  Generale  per  l'esercizio  2018"  e  relativi
allegati; 
    Vista la deliberazione  di  Giunta  regionale  n.  619/C  del  23
ottobre  2019  avente  ad  oggetto:  "Rettifica  G.R.  n.  384/C  del
02.07.2019 a seguito della riapprovazione con modifiche del Conto del
Tesoriere con Deliberazione di Giunta  Regionale  del  23/10/2019  n.
610"; 
    Vista la deliberazione di Giunta regionale n. 74/C del 3 febbraio
2020 avente ad oggetto: "Rendiconto  esercizio  2016,  2017  e  2018.
Rettifiche alle deliberazioni di Giunta regionale di approvazione dei
disegni di legge"; 
    Vista l'ordinanza n. 4/2020 del 10 febbraio 2020 con la quale  il
Presidente  della  Sezione  regionale  di  controllo  per  l'Abruzzo,
considerata la necessita' di avviare il contradditorio con la Regione
e con la Procura regionale,  ha  convocato  la  Camera  di  consiglio
dell'11  marzo   2020   e   con   la   quale   e'   stato   trasmesso
all'Amministrazione regionale lo schema di relazione  sulla  gestione
finanziaria 2016, 2017 e 2018 della Regione Abruzzo,  adottato  dalla
Sezione regionale di  controllo  nella  Camera  di  consiglio  del  7
febbraio 2020 cosi' articolato: Volume I "La gestione finanziaria del
bilancio";  Volume  II  "Attendibilita'  e  affidabilita'  dei   dati
contabili"; Volume III "L'organizzazione amministrativa  e  le  spese
del personale. I controlli interni. La spesa  sanitaria";  Volume  IV
"Analisi  finanziaria  delle  societa'  partecipate  e   degli   enti
strumentali della Regione Abruzzo e gestione dei fondi strutturali  e
d'investimento"; 
    Vista la nota del Consiglio regionale prot. reg. n. 2582  del  24
febbraio 2020; 
    Vista l'ordinanza n. 8/2020 del 21 febbraio 2020 con la quale  il
Presidente della  Sezione  regionale  di  controllo  ha  disposto  la
trasmissione all'Amministrazione regionale e al Procuratore regionale
dello schema di relazione  integrativa  del  Volume  I  "La  gestione
finanziaria del bilancio", adottato nella Camera di consiglio del  21
febbraio 2020; 
    Visto il decreto n. 3/2020 del 9  marzo  2020  con  il  quale  il
Presidente  della  Sezione  regionale  di'   controllo,   a   seguito
dell'emergenza epidemiologica da COVID 19, ha rinviato ad altra  data
la Camera di consiglio dell'11 marzo 2020; 
    Vista l'ordinanza n. 26/2020 del 12 giugno 2020 con la  quale  il
Presidente della Sezione  regionale  di  controllo  ha  convocato  la
Camera di consiglio del 6 luglio 2020; 
    Vista l'ordinanza n. 28/2020 del 24 giugno 2020 con la  quale  il
Presidente della  Sezione  regionale  di  controllo  ha  disposto  la
trasmissione all'Amministrazione regionale e al Procuratore regionale
della nota aggiuntiva del Magistrato  relatore  contenente  ulteriori
verifiche e considerazioni nell'ambito dell'istruttoria  propedeutica
al giudizio di  parificazione,  in  relazione  al  Volume  III  della
relazione gia' depositata e trasmessa alle parti; 
    Considerati gli esiti del contraddittorio  con  l'Amministrazione
regionale e la Procura  regionale,  in  ordine  alle  risultanze  del
controllo propedeutico al giudizio di  parificazione  dei  rendiconti
degli esercizi 2016, 2017 e 2018, a  seguito  dell'adunanza  pubblica
svoltasi in data 6 luglio 2020; 
    Vista l'ordinanza n. 30  del  7  luglio  2020  con  la  quale  il
Presidente della  Sezione  regionale  di  controllo  ha  disposto  la
riunione  dei  giudizi  per  la  decisione  sulla  parificazione  dei
rendiconti generali della Regione Abruzzo per gli esercizi finanziari
2016, 2017 e 2018, fissando l'udienza per il giorno 16 luglio 2020; 
    Vista l'ordinanza collegiale n. 31/2020 del 16 luglio 2020 con la
quale la Sezione ha disposto la riunione, in  un  unico  giudizio  di
parificazione, dei procedimenti propedeutici  alla  parificazione  de
Rendiconti generali per gli esercizi finanziari  2016  e  2017  della
Regione Abruzzo e il rinvio all'udienza  del  30  luglio  2020  della
trattazione del giudizio di parificazione dell'esercizio  finanziario
2018 della Regione Abruzzo; 
    Vista la  deliberazione  n.  141/2020/PARI  del  16  luglio  2020
relativa al giudizio di parificazione dei rendiconti  generali  della
Regione Abruzzo per gli esercizi 2016 e  2017  che,  ha  disposto  il
rinvio  del  giudizio  sul  capitolo  di   spesa   11102   denominato
"Funzionamento  del  Consiglio  regionale",  per  la  parte  in   cui
trasferisce fondi  destinati  alle  spese  di  personale  dei  gruppi
consiliari, all'udienza del 30 luglio 2020; 
    Uditi nella pubblica udienza del 30  luglio  2020  il  Magistrato
relatore  dott.  Antonio  Dandolo,  il  Procuratore  Regionale  dott.
Antonio Giuseppone e il Presidente del Consiglio regionale  d'Abruzzo
dott. Lorenzo Sospiri; 
    Vista la decisione n. 180/2020/PARI,  con  la  quale  la  Sezione
regionale di controllo ha sospeso il giudizio di parificazione  sugli
schemi dei rendiconti generali della Regione Abruzzo per gli esercizi
finanziari 2016 e 2017 con riguardo  ai  corrispondenti  capitoli  di
spesa 11102 denominati "Funzionamento del Consiglio regionale", nella
misura in cui ciascuno di essi trasferisce fondi destinati alle spese
di personale  dei  gruppi  consiliari  (capitolo  2024.85  denominato
"Budget  gruppi  consiliari"  del  conto  consuntivo  del   Consiglio
regionale che costituisce allegato al rendiconto della  Regione,  ai,
sensi dell'art. 3-bis, della legge regionale 9 maggio 2001,  n.18)  e
ha disposto,  su  concorde  richiesta  della  Procura  regionale,  di
sollevare,  con  separata  ordinanza,   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 40 della legge regionale 10 agosto 2010,  n.
40, modificato dall'art. 32 della legge regionale 20  novembre  2013,
n. 42, ai sensi del quale alle spese del personale dei gruppi "non si
applicano  i  limiti  stabiliti  dall'articolo   9,   comma   28,   e
dall'articolo 14, commi 7 e 9, del decreto legge 31 maggio  2010,  n.
78 "Misure urgenti in materia di  stabilizzazione  finanziaria  e  di
competitivita' economica", convertito, con modificazioni, dalla legge
30 luglio 2010, n. 122"; 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    Con note prot. n. 0118895/18 del 24  aprile  2018,  acquisita  al
prot n. 930 in data 26 aprile 2018, prot. n. 345302/18 del 7 dicembre
2018, acquisita al prot. a 3495 in data 10 dicembre 2018 e  prot.  n.
RA/224943/ DPB007 del 1° agosto 2019, acquisita al prot. n.  3197  in
data 1° agosto 2019, sono stati trasmessi a questa Sezione  regionale
di controllo, i progetti di rendiconto relativi agli  esercizi  2016,
2017 e 2018 composti dal conto del bilancio e dal conto  economico  e
patrimoniale, cosi' come approvati, rispettivamente, con delibera  di
Giunta regionale n. 226/C del 17 aprile 2018  (Rendiconto  2016),  n.
918/C del 3 dicembre 2018 (Rendiconto 2017) e n. 384/C del  2  luglio
2019 (Rendiconto 2018), con i relativi allegati. Con  nota  prot.  n.
RA/30829/ DPB007 del 3 febbraio 2020, acquisita al prot. n.  1305  in
data  4  febbraio  2020  e'  stata  trasmessa  a  questa  Sezione  la
deliberazione  n.  74/C  del  3  febbraio  2020,  avente  ad  oggetto
"Rendiconto esercizi 2016, 2017 e 2018. Rettifiche alle deliberazioni
di giunta regionale di approvazione dei disegni di legge". 
    Tra i controlli effettuati e'  emerso  il  mancato  conseguimento
nelle annualita' 2016 e 2017, dell'obiettivo di finanza pubblica  che
limita  la  spesa  sostenuta  per  il  personale  assunto   a   tempo
determinato o con altre forme di lavoro flessibile al 50%  di  quella
sostenuta nell'anno 2009. 
    La spesa sostenuta  nell'esercizio  2009  per  lavoro  flessibile
dalla Regione Abruzzo e' stata, infatti, pari a 10.052.673  euro;  il
limite previsto dall'art. 9, comma 28, del d.l. n. 78  del  2010  e',
quindi, pari a 5.026.336 euro. 
    L'Amministrazione regionale ha invece  sostenuto  una  spesa  per
personale flessibile pari a 5.211.021 euro nel 2016  ed  a  5.522.496
euro nel 2017. 
    La Regione ha controdedotto  sostenendo  di  aver  rispettato  il
vincolo suindicato escludendo, dal computo della spesa del  personale
flessibile soggetta a limite, quella sostenuta dai gruppi  consiliari
per le assunzioni di personale; nel  merito,  richiamando  l'art.  40
della legge regionale 10 agosto 2010, n. 40, modificato dall'art.  32
della legge regionale 20 novembre 2013, n. 42 che stabilisce che alle
spese per il personale dei  gruppi  consiliari  non  si  applicano  i
limiti stabiliti dall'art.a 28, del decreto legge n. 78 del 2010. 
    Con delibera  180/2020/PARI  del  1°  settembre  2020,  e'  stato
rilevato che la predetta norma mostra profili di incompatibilita' con
il quadro costituzionale avendo riprodotto una deroga  gia'  prevista
dall'art. 3, comma 2, della legge regionale 28 settembre 2012, n. 48,
impugnato  dal  Consiglio  dei  ministri  con  deliberazione  del  30
novembre  2012,  ai  sensi  dell'art.  127  della  Costituzione,  per
violazione degli artt. 97 e 117, terzo comma,  della  Costituzione  e
dichiarato costituzionalmente illegittimo dalla Corte  costituzionale
con sentenza n. 289 del 2013. 
    Nel caso di  specie,  inoltre,  la  norma  regionale,  intendendo
riproporre  -  nella   sostanza   -   una   norma   gia'   dichiarata
incostituzionale,  potrebbe  presentare   un   ulteriore   vizio   di
legittimita'  costituzionale,  consistente   nella   violazione   del
giudicato costituzionale ex art. 136 della Costituzione. 
    Alla  luce  delle  precedenti  considerazioni,  che  non  vengono
scalfite dalle conclusioni formulate dalla Regione,  il  Collegio  ha
valutato rilevante e non manifestamente  infondata  la  questione  di
legittimita'  costituzionale  relativa  all'art.   40   della   legge
regionale  n  40  del  2010,  modificato  dall'art.  32  della  legge
regionale n. 42 del 2013, per contrasto con  gli  articoli  97,  117,
comma 3, Cost, in relazione all'art. 9 comma 28, del decreto legge 31
maggio 2010, n. 78, e con l'art. 136 Cost. 
    Il Collegio, pertanto, ha disposto  di  rimettere,  con  separata
ordinanza, alla Corte costituzionale  la  questione  di  legittimita'
sopra rappresentata, con  conseguente  sospensione  del  giudizio  di
parificazione dei rendiconti generali  per  gli  esercizi  finanziari
2016 e 2017 della  Regione  Abruzzo,  sul  capitolo  di  spesa  11102
denominato 'Funzionamento dei Consiglio regionale", nella  misura  in
cui trasferisce fondi destinati alle spese di  personale  dei  gruppi
consiliari (capitolo 2024.85 denominato  "Budget  gruppi  consiliari"
del conto consuntivo del Consiglio regionale che costituisce allegato
al rendiconto 2016 della Regione ai  sensi  dell'art.  3-  bis  della
legge regionale 9 maggio 2001, n. 18). 
 
                               Diritto 
 
    1. Nell'ambito del giudizio di parificazione del rendiconto della
Regione Abruzzo per gli esercizi 2016 e 2017, ai sensi  dell'art.  1,
comma 5, del d.l. n. 174 del  2012,  convertito,  con  modificazioni,
nella 1. n. 213 del 2012,  la  Sezione  regionale  di  controllo  per
l'Abruzzo della Corte dei conti ha ritenuto di sollevare,  d'ufficio,
pregiudiziale questione di legittimita' costituzionale  sull'art.  40
della legge regionale 10 agosto n. 10, n. 40, modificato dall'art. 32
della legge regionale 20 novembre 2013, n. 42. 
    La norma regionale oggetto della questione (art 40 Personale  dei
gruppi) stabilisce che: "1. Ai fini di quanto disposto dall' articolo
2,  comma  1,  lettera  h)  del   d.l.   174/2012,   convertito   con
modificazioni dalla l.. 213/2012, e secondo  quanto  stabilito  dalla
Deliberazione della Conferenza  permanente  per  i  rapporti  tra  lo
Stato, le Regioni e le provincie autonome di Trento e Bolzano  del  6
dicembre  2012,  Ufficio  di  Presidenza  del   Consiglio   regionale
definisce  il  tetto   massimo   in   termini   finanziari   per   la
determinazione dell'ammontare della spesa per a personale dei  gruppi
consiliari in modo tale che non ecceda complessivamente il  costo  di
un' unita' di personale di categoria D, posizione economica D6, senza
posizione organizzativa, compresi gli oneri a carico dell'ente e  una
quota aggiuntiva forfettaria compensativa degli emolumenti  accessori
previsti dai contratti, nazionali e decentrati  lavoro,  dalle  leggi
nazionali e regionali  applicabili,  ivi  inclusi  i  buoni  pasto  e
compensi per lavoro straordinario da  determinarsi  entro  il  limite
massimo  spettante  ai  dipendenti  di  pari  categoria  e  posizione
economica ai sensi degli stessi  contratti  di  lavoro,  per  ciascun
consigliere.   Con   il   medesimo   atto   ripartisce   il    budget
complessivamente determinato fra i gruppi consiliari. 
    Il  personale  a  qualsiasi  titolo  comandato  o  distaccato  da
soggetti pubblici o privati, nonche' quello assunto con  contratto  a
tempo determinato dal Consiglio Regionale,  allorche'  funzionalmente
collocato a disposizione dei  gruppi  consiliari,  deve  considerarsi
rientrante nei limiti del budget di cui al comma 1 individuato per il
gruppo consiliare. 
    3. In sede di prima applicazione del comma 1, e  con  riferimento
alla nona  Legislatura  in  corso,  l'Ufficio  di  Presidenza,  firmo
restando il rispetto  del  tetto  massimo  di  spesa  ivi  stabilito,
determina i budget dei gruppi tenendo conto della spesa derivante dai
rapporti di lavoro flessibile e delle altre tipologie di rapporto  di
lavoro, di cui al comma 2, in essere alla data deI 30 novembre 2013. 
    4. Le risorse di cui al comma 1 non possono in alcun caso  essere
destinate ad altre finalita'  le  eventuali  risorse  non  utilizzate
nell'anno di riferimento per il reclutamento  del  personale  possono
essere utilizzate  nell'esercizio  finanziario  successivo,  mediante
apposita  e  separata  reiscrizione  alle  competenze  dell'esercizio
successivo fino al  termine  della  Legislatura,  alla  cui  scadenza
eventuali avanzi sono restituiti. 
    5. Alle spese di cui  al  comma  1  non  si  applicano  i  limiti
stabiliti dall'articolo 9, comma 8, e dall'articolo 14, commi 7 e  9,
del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78 "Misure urgenti in materia di
stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica convertito,
con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122". 
    L'art. 9, comma 28, del decreto  legge  31  maggio  2010,  n.  78
dispone "A decorrere dall'anno 2011, le amministrazioni dello  Stato,
anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, incluse le Agenzie fiscali
di cui agli articoli 62, 63 e 64 del decreto  legislativo  30  luglio
1999, n. 300, e  successive  modificazioni,  gli  enti  pubblici  non
economici, le universita' e gli enti pubblici di cui all'articolo 70,
comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165  e  successive
codificazioni e integrazioni,  le  camere  di  commercio,  industria,
artigianato e agricoltura fermo quanto  previsto  dagli  articoli  7,
comma 6, e 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165,  possono
avvalersi di personale a tempo determinato o con  convenzioni  ovvero
con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite
del 50 per cento  della  spesa  sostenuta  per  le  stesse  finalita'
nell'anno  2009.  Per  le  medesime  amministrazioni  la  spesa   per
personale  relativa  a  contratti  di  formazione  lavoro,  ad  altri
rapporti formativi,  alla  somministrazione  di  lavoro,  nonche'  al
lavoro accessorio di cui all'articolo 70, comma  1,  lettera  d)  del
decreto  legislativo  10  settembre  2003,  n.  276,   e   successive
modificazioni ed integrazioni, non puo' essere superiore  al  50  per
cento di quella sostenuta per le rispettive finalita' nell'anno 2009.
I limiti di cui al primo e al secondo periodo non si applicano, anche
con riferimento ai lavori socialmente utili, ai  lavori  di  pubblica
utilita' e ai cantieri di lavoro,  nel  caso  in  cui  il  costo  del
personale sia coperto da  finanziamenti  specifici  aggiuntivi  o  da
fondi dell'Unione europea; nell' ipotesi di cofinanziamento, i limiti
medesimi non si applicano con riferimento alla sola quota  finanziata
da  altri  soggetti.  Le  disposizioni  di  cui  al  presente   comma
costituiscono principi  generali  ai  fini  del  coordinamento  della
finanza pubblica  ai  quali  si  adeguano  le  regioni,  le  province
autonome,  gli  enti  locali  e  gli  enti  del  Servizio   sanitario
nazionale. Per gli enti locali in sperimentazione di cui all'articolo
36 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, per  l'anno  2014,
il limite di cui ai precedenti periodi e' fissato  al  60  per  cento
della spesa sostenuta nel 2009. A decorrere dal 2013 gli enti  locali
possono superare il predetto limite per  le  assunzioni  strettamente
necessarie a garantire l'esercizio delle funzioni di polizia  locale,
di istruzione pubblica e del settore sociale  nonche'  per  le  spese
sostenute per lo svolgimento di attivita' sociali mediatile forme  di
lavoro accessorio di  cui  all'articolo  70,  comma  1,  del  decreto
legislativo 10 settembre 2003, n. 276. Le  limitazioni  previste  dal
presente comma non si  applicano  agli  enti  locali  in  regola  con
l'obbligo di riduzione delle spese di personale di cui ai commi 557 e
562  dell'articolo  1  della  legge  27  dicembre  2006,  n.  296,  e
successive modificazioni, nell'ambito  delle  risorse  disponibili  a
legislazione vigente. Resta ferito che comunque la spesa  complessiva
non  puo'  essere  superiore  alla  spesa  sostenuta  per  le  stesse
finalita' nell'anno 2009. Sono in ogni caso escluse dalle limitazioni
previste dal presente comma le spese sostenute per  le  assunzioni  a
tempo determinato ai sensi dell'articolo  110,  comma  1,  del  testo
unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.  267.  Per  il
comparto scuola e per quello delle istituzioni di alta  formazione  e
specializzazione  artistica  e  musicale  trovano   applicazione   le
specifiche disposizioni  di  settore.  Resta  fermo  quanto  previsto
dall'articolo 1, comma 188, della legge 23 dicembre 2005, n. 266. Per
gli enti di ricerca resta fermo, altresi', quanto previsto dal  comma
187  dell'articolo  1  della  medesima  legge  n.  266  del  2005,  e
successive  modificazioni.  Al  fine  di  assicurare  la  continuita'
dell'attivita'   di   vigilanza   sui   concessionari   della    rete
autostradale, ai sensi dell' art. 11, comma 5, secondo  periodo,  del
decreto-legge n.216 del  2011,  il  presente  comma  non  si  applica
altresi', nei limiti di cinquanta unita' di personale,  al  Ministero
delle  infrastrutture  e  dei   trasporti   esclusivamente   per   lo
svolgimento della predetta attivita';  alla  copertura  del  relativo
onere  si  provvede  mediante  l'attivazione  della   procedura   per
l'individuazione delle risorse di cui all'articolo 25, comma  2,  del
decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 9 agosto 2013, n. 98. Alle  minori  economie  pari  a  27
milioni di euro a decorrere dall'anno 2011 derivanti  dall'esclusione
degli  enti  di  ricerca  dall'applicazione  delle  disposizioni  del
presente comma, si provvede mediante utilizzo di  quota  parte  delle
maggiori entrate derivanti dall'articolo 38, commi 13-bis e seguenti.
Il presente comma non si applica alla struttura di  missione  di  cui
all' art. 163, comma 3, lettera a), del decreto legislativo 12 aprile
2006, n. 163. Il mancato rispetto dei limiti di cui al presente comma
costituisce  illecito  disciplinare   e   determina   responsabilita'
erariale.  Per  le  amministrazioni  che  nell'anno  2009  non  hanno
sostenuto spese per le  finalita'  previste  ai  sensi  del  presente
comma, il limite di cui al primo periodo e' computato con riferimento
alla media sostenuta per le stesse finalita' nel triennio 2007-2009". 
    La norma  regionale  della  cui  legittimita'  costituzionale  si
dubita ha riprodotto una deroga gia' prevista dall'art. 3,  comma  2,
della legge  regionale  28  settembre  2012,  n.  48,  impugnato  dal
Consiglio dei ministri con deliberazione del  30  novembre  2012,  ai
sensi dell'art. 127 della Costituzione, per violazione degli artt. 97
e   117,   terzo   comma,    della    Costituzione    e    dichiarata
costituzionalmente  illegittima  dalla   Corte   costituzionale   con
sentenza n. 289 del 2013. 
    Il citato articolo disponeva: "Art. 3 (Attuazione del  comma  28,
dell'articolo  9,  e  dei  commi  7  e  9,  dell'articolo   14,   del
decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 "Misure  urgenti  in  materia  di
stabilizzazione   finanziaria   e   di   competitivita'   economica",
convertito, con modificazioni, dalla l. 30 luglio 2010, n.  122).  1.
La Regione, nel rispetto dei principi generali di coordinamento della
finanza pubblica, attua quanto disposto dal comma 28 dell'articolo 9,
e dai commi 7 e 9 dell'articolo 14, del d.l. 78/2010 convertito,  con
modificazioni, dalla 1.122/2010. 
    1.2. Ai fini di cui al comma 1 non si considerano le spese per il
personale di cui alla l.r. 9 maggio 2001, n. 17 "Disposizioni per  l'
organizzazione ed il funzionamento delle strutture amministrative  di
supporto agli organi elettivi della Giunta regionale" e al Titolo  II
della Lr. 9 maggio 2001, n. 18, nei limiti  degli  organici  e  della
spesa ivi previsti". 
    2.  In  via  preliminare  appare  necessario  soffermarsi   sulla
legittimazione di questa Corte ad adire il Giudice delle leggi. 
    3. La legittimazione delle Sezioni regionali di  controllo  della
Corte dei conti a sollevare questioni di legittimita'  costituzionale
in  sede  di  parificazione  dei  rendiconti   regionali   e'   stata
riconosciuta in  piu'  occasioni  dalla  Corte  costituzionale  (cfr.
sentenze n.  181/2015,  n.  89/2017  e  n.  196/2018),  la  quale  ha
sottolineato la peculiare natura del giudizio di parificazione che si
svolge con le formalita' della  giurisdizione  contenziosa  (art.  40
r.d. n. 1214 del 1934,  Testo  unico  delle  leggi  sulla  Corte  dei
conti),  prevede  la  partecipazione  del  Procuratore  generale   in
contraddittorio  con  i  rappresentanti  dell'Amministrazione  e   si
conclude con una pronunzia adottata  in  esito  a  pubblica  udienza.
Sulla base di tali considerazioni la Corte costituzionale  ha  esteso
ai giudizi di parificazione dei rendiconti delle  Regioni  a  statuto
ordinario le medesime conclusioni cui era pervenuta con  riguardo  al
giudizio di parificazione del rendiconto generale dello  Stato  o  di
quelli  delle  Regioni  ad  autonomia  differenziata   (sentenze   n.
165/1963, n. 121/1966, n. 142/1968, n. 244/1995 e n. 213/2008). 
    Il giudizio di parificazione dei rendiconti regionali si risolve,
infatti, in una valutazione di  "conformita'  (...)  alle  norme  del
diritto oggettivo, ad esclusione di qualsiasi apprezzamento  che  non
sia di ordine strettamente giuridico". Una funzione cioe' di garanzia
dell'ordinamento, di "controllo  esterno,  rigorosamente  neutrale  e
disinteressato (...) preordinato  a  tutela  del  diritto  oggettivo"
(sentenza n. 384 del 1991). 
    Detti   caratteri   costituiscono   indubbio   fondamento   della
legittimazione  della  Corte  dei  conti  a  sollevare  questioni  di
costituzionalita',   atteso   che   il   riconoscimento    di    tale
legittimazione, legata alla specificita' dei suoi compiti nel  quadro
della finanza  pubblica,  «si  giustifica  anche  con  l'esigenza  di
ammettere  al  sindacato  costituzionale  leggi   che,   come   nella
fattispecie in esame, piu' difficilmente verrebbero per altra via, ad
essa sottoposte» (sentenza n. 226 del 1976). 
    Proprio in relazione a siffatte ipotesi la  Corte  costituzionale
ha auspicato (sentenza n. 406 del 1989) che, quando l'accesso al  suo
sindacato sia reso poco agevole, come accade in relazione ai  profili
attinenti all'osservanza di norme poste a tutela della sana  gestione
finanziaria e degli equilibri di bilancio, i  meccanismi  di  accesso
debbano essere arricchiti. La Corte dei conti e' la sede piu'  adatta
a far valere quei profili, e cio' in ragione della  peculiare  natura
dei suoi compiti,  essenzialmente  finalizzati  alla  verifica  della
gestione secundum legem delle risorse finanziarie. Sul punto, occorre
infatti ricordare che il giudizio di parificazione, allo stato  della
legislazione    vigente,    e'    l'unica    possibilita'     offerta
dall'ordinamento per sottoporre a scrutinio di  costituzionalita'  in
via incidentale, in riferimento ai principi costituzionali in materia
di finanza pubblica, le disposizioni legislative statali e  regionali
che, incidendo sui singoli capitoli, modificano  l'articolazione  del
bilancio  e  ne   possono   alterare   gli   equilibri   complessivi.
Conseguentemente, ove si escludesse la legittimazione di questa Corte
a  sollevare  questioni  di  costituzionalita'  in   riferimento   ai
parametri sopra individuati, si verrebbe  a  creare,  di  fatto,  una
sorta di spazio legislativo immune dal controllo di costituzionalita'
attivabile in via  incidentale.  Coerentemente,  nelle  piu'  recenti
pronunce, la Corte costituzionale (sentenza n. 181/2015 e n. 89/2017)
ha progressivamente ampliato i parametri costituzionali  rispetto  ai
quali la Corte dei conti puo' accedere al sindacato  di  legittimita'
costituzionale delle norme che vengono in  rilievo  nel  giudizio  di
parificazione.  La   legittimazione   di   questa   Corte,   infatti,
originariamente limitata al solo parametro  costituito  dall'articolo
81  della  Costituzione,  e'  ora  riconosciuta  su  tutte  le  norme
costituzionali tese a presidiare gli equilibri di finanza pubblica e,
dunque, anche  con  riferimento  all'articolo  119,  comma  6,  della
Costituzione (in materia indebitamento) e all'art. 97 (in merito alla
necessita'  che  le  pubbliche  amministrazioni,  in   coerenza   con
l'ordinamento  dell'Unione  europea,  assicurino   l'equilibrio   dei
bilanci e la sostenibilita' del debito pubblico). 
    Tale ampliamento risulta, peraltro,  in  linea  con  l'evoluzione
delle funzioni di controllo assegnate  alla  Corte  dei  conti,  alla
quale, in particolare a partire  dal  d.l.  n.  174  del  2012  e  in
corrispondenza con l'entrata in vigore della legge  cost.  20  aprile
2012, n. 1, e' stato riconosciuto il  ruolo  di  «garante  imparziale
dell'equilibrio economico - finanziario del settore pubblico». 
    Dette forme di controllo, nella ricostruzione operata dal Giudice
delle leggi (sentenza n. 60 del 2013), riposano su una pluralita'  di
principi costituzionali, che non si esauriscono nell'art. 81 Cost  E'
stato, al riguardo, affermato che «alla Corte dei conti e' attribuito
controllo sull'equilibrio economico-finanziario del  complesso  delle
amministrazioni pubbliche  a  tutela  dell'  unita'  economica  della
Repubblica, in riferimento a parametri costituzionali (artt. 81,  119
e 120 Cost.) e ai vincoli derivanti  dall'appartenenza  dell'  Italia
all'Unione eurapea (artt. 11 e 117, primo comma, Cost.)» (sentenza n.
60  del  2013).  Un  ruolo  centrale  nell'ambito  dei  controlli  di
legittimità-regolarita'  a   presidio   dei   richiamati.   parametri
costituzionali e' svolto proprio dal  giudizio  di  parifica  per  le
Regioni a statuto ordinario introdotto, come precisa il  primo  comma
dell'articolo 1 del citato d.l. n. 174/2012, «al fine  di  rafforzare
il coordinamento della finanza pubblica, in particolare  tra  livelli
di governo statale e  regionale,  e  di  garantire  il  rispetto  dei
vincoli finanziari  derivanti  dall'appartenenza  dell'  Italia  all'
Unione europea.. omissis». Sussiste, pertanto, una corrispondenza tra
i parametri  costituzionali  in  base  ai  quali  il  legislatore  ha
intestato alla Corte dei conti determinate funzioni di controllo e  i
parametri  costituzionali  che  la  stessa  Corte  puo'  prendere   a
riferimento per sollevare dubbi di legittimita' costituzionale  delle
norme  che,  di  volta  in  volta,   vengono   in   rilievo   proprio
nell'esercizio dei medesimi controlli. 
    La Sezione quindi, ritiene di  essere  legittimata,  in  sede  di
giudizio di parificazione,  a  sollevare  questioni  di  legittimita'
costituzionale. 
    4. Quanto alla rilevanza  della  questione,  la  Sezione  ritiene
necessario  svolgere  alcune  considerazioni  preliminari  in  merito
all'oggetto del giudizio di parifica di cui  all'art.  39  del  Testo
Unico delle leggi sulla Corte dei  conti  (regio  decreto  12  luglio
1934, n. 1214), al quale l'art. 1, comma 5, del d.l. n. 174 del 2012,
fa rinvio. 
    Vale la pena innanzitutto richiamare l'evoluzione della natura  e
finalita' del bilancio pubblico, passato da «strumento descrittivo di
fenomeni.  di  mera  erogazione   finanziaria»   a   «strumento   di'
realizzazione di nuove funzioni di governo  e  piu'  in  generale  di
politica economica e finanziaria» finalizzata a «meglio  programmare,
definire e controllare le entrate  e  le  spese  pubbliche»  fino  ad
assumere il ruolo di «bene pubblico nel senso  che  e'  funzionale  a
sintetizzare e rendere certe le scelte dell'ente territoriale, sia in
ordine all'acquisizione delle entrate, sia alla individuazione  degli
interventi attuativi delle  politiche  pubbliche»  (ex  multis  Corte
costituzionale n. 184 del 2016). 
    Cio' ha indotto una inevitabile rivisitazione del ruolo assegnato
al giudizio di parifica intestato alla Corte dei conti. 
    Quest'ultimo,   allo   stato   attuale    della    giurisprudenza
costituzionale, ha come oggetto la verifica delle riscossioni  e  dei
pagamenti e dei relativi resti (residui) e, soprattutto, la  verifica
a consuntivo degli equilibri di  bilancio  sulla  base  del  bilancio
preventivo e di tutte  le  disposizioni  sopravvenute  che  ne  hanno
modificato la struttura. In tal modo, il giudizio di parificazione si
pone come strumentale al ruolo di garante imparziale  dell'equilibrio
economico-finanziario del settore  pubblico  che  il  legislatore  ha
attribuito alla Corte dei conti. 
    In coerenza con questa  ricostruzione,  la  Corte  costituzionale
(sentenza n. 213 del 2008) ha affermato la legittimazione della Corte
dei  conti,  in  sede  di  giudizio  di  parificazione,  a  sollevare
questione  di  legittimita'  costituzionale  «avverso  tutte   quelle
disposizioni  di   legge   che   determinino   effetti   modificativi
dell'articolazione del bilancio per il fatto stesso di  incidere,  in
senso globale, sulle unita' elementari, vale a dire sui capitoli, con
riflessi sugli equilibri di gestione, disegnati con  il  sistema  dei
risultati differenziali». 
    Si e' consolidata, inoltre, nella giurisprudenza di questa  Corte
(ex multis decisione n. 36/CONTR/2011 delle Sezioni  Riunite  per  la
Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol, decisioni n. 116/2014/PARI e n.
39/2016/PARI della Sezione  regionale  di  controllo  per  l'Abruzzo,
decisione n. 36/2014/PARI della Sezione regionale di controllo per la
Calabria,  decisione  n.  46/2014/PARI  della  Sezione  regionale  di
controllo per  la  Liguria,  decisione  n.  2/2014/SS.RR./PARI  delle
Sezioni  riunite  per  la  Regione  siciliana)  la  possibilita'   di
procedere ad una  parifica  parziale,  in  linea  con  l'oggetto  del
giudizio che, come detto, si sostanzia  in  piu'  parifiche  distinte
delle diverse poste, che confluiscono sul risultato complessivo. 
    Nella  fattispecie  dei  giudizi  sui  rendiconti  della  Regione
Abruzzo per gli esercizi 2016 e 2017 le valutazioni finalizzate  alla
parificazione dei rendiconti generali della Regione Abruzzo  per  gli
esercizi  finanziari  2016  e  2017  del  capitolo  di  spesa   11102
denominato "Funzionamento del Consiglio regionale", nella  misura  in
cui trasferisce fondi destinati alle spese di  personale  dei  gruppi
consiliari (capitolo 2024.85 denominato  "Budget  gruppi  consiliari"
del conto consuntivo del Consiglio regionale che costituisce allegato
al rendiconto della Regione ai  sensi  dell'art.  3-bis  della  legge
regionale  9  maggio  2001,  n.  18),  presuppongono   l'applicazione
dell'art. 40 della legge regionale 10 agosto 2010, n. 40,  modificato
dall'art. 32 della legge regionale 20 novembre 2013, n.  42,  che  ha
riprodotto una deroga gia' prevista dall'art. 3, comma 2, della legge
regionale 28 settembre 2012,  n.  48,  impugnato  dal  Consiglio  dei
ministri con delibera del 30 novembre 2012, ai  sensi  dell'art.  127
della Costituzione, per violazione degli artt. 97 e 117, terzo comma,
della Costituzione e dichiarato costituzionalmente illegittimo  dalla
Corte  costituzionale  con  sentenza  n.  289  del  2013.  Cio'   da'
dimostrazione della rilevanza, nel presente giudizio, della questione
di costituzionalita' che si intende sollevare. 
    Infatti,  la  spesa  sostenuta  nell'esercizio  2009  per  lavoro
flessibile dalla Regione Abruzzo e' stata pari a 10.052.673 euro;  il
limite previsto dall'art. 9, comma 28, del decreto  legge  31  maggio
2010 n. 78 risulta quindi pari a 5.026.336 euro. 
    L'Amministrazione regionale ha invece sostenuto una spesa per  il
personale assunto a tempo determinato o con  altre  forme  di  lavoro
flessibile pari a 5.211.021 euro nel 2016  e  a  5.522.496  euro  nel
2017. 
    Tale sforamento e' da imputare  all'incremento  della  spesa  del
personale dei gruppi che e' aumentata in misura consistente, passando
da 859.871 euro nel 2009 a 1.705.884 euro nel 2016 e nel 2017  e  che
l'Amministrazione regionale assume di non dover computare nel calcolo
della spesa per il personale a tempo determinato soggetto al  vincolo
di cui all'art. 9, comma 28, del decreto legge 31 maggio 2010  n.  78
proprio in virtu' dell'art. 40 della legge regionale 10 agosto  2010,
n. 40, modificato dall'art. 32  della  legge  regionale  20  novembre
2013,  n.  42,  che  contrasta  con  l'art.117,  terzo  comma,  della
Costituzione. 
    E'  evidente,  infatti,  che,  nella  vigenza  della   menzionata
disposizione di legge regionale, la Sezione  dovrebbe  parificare  la
predetta posta del rendiconto della Regione Abruzzo, pur in  presenza
di dubbi di compatibilita' della spesa  in  discorso  con  il  quadro
costituzionale. 
    L'art. 40 della legge regionale 10 agosto 2010, n. 40, modificato
dall'art. 32 della legge regionale 20 novembre 2013, n. 42,  infatti,
nel prevedere una deroga della disposizione di cui all'art. 9,  comma
28, del decreto legge 31 maggio 2010,  n.  78,  ha  leso  i  principi
fondamentali in materia di coordinamento della  finanza  pubblica  di
cui  all'art.   117,   terzo   comma,   della   Costituzione   (Corte
costituzionale n. 289 del 2013). 
    Tale violazione si riverbera, inevitabilmente,  nella  violazione
dei principi costituzionali in tema di tutela del  bilancio  e  degli
equilibri finanziari, e cio' in quanto il  legislatore  regionale  ha
innestato nel sistema oneri e sottratto  risorse  in  violazione  dei
principi costituzionali. 
    Questo  ha  comportato,  come  effetto  riflesso,  la  violazione
dell'art. 81 Cost. e dell'art. 97, comma 1, Cost.,  per  lesione  del
principio dell'equilibrio di bilancio e del  principio  di  copertura
finanziaria e cio' ha determinato - nell'an -  un  effetto  espansivo
della spesa non consentito, con la conseguenza che anche  le  risorse
utilizzate  a  copertura  risultano   viziate   per   "illegittimita'
derivata". 
    Laddove la  Sezione  non  sollevasse  questione  di  legittimita'
costituzionale,  dovrebbe   parificare   spese,   certificandone   la
legittimita', che assume illegittime, violando -  essa  stessa  -  il
compito essenziale che le e' stato conferito  dalla  Costituzione  ai
sensi dell'art. 100, comma  2  e  art.  103,  comma  2,  nonche'  dal
parametro interposto di cui all'art. 1, comma 1 e ss, del d.l. n. 174
del 2012, convertito con modificazione dalla legge n. 213 del 2012. 
    Sul punto, e' lo stesso Giudice delle leggi ad aver rimarcato che
- stante l'incompetenza della  Corte  dei  conti  a  condizionare  il
contenuto degli  atti  legislativi  regionali  o  privarli  dei  loro
effetti  perche'  tale  prerogativa  e'  demandata  al  sindacato  di
costituzionalita'  delle  leggi  regionali   spettanti   alla   Corte
costituzionale (cfr. sentenza n. 39 del 2014) -  "ove  sia  la  legge
stessa a pregiudicare principi di rango costituzionale,  l'unica  via
da percorrere per il giudice della parificazione  rimane  proprio  il
ricorso    all'incidente    di    costituzionalita'    (cfr.    Corte
costituzionale, sentenza n. 138 del 2019). 
    Alla luce di quanto esposto, la Sezione ritiene che la  questione
di  legittimita'  costituzionale,  di  seguito   illustrata,   assuma
rilevanza ai  fini  del  giudizio  di  parificazione  dei  rendiconti
generali della Regione Abruzzo per gli  esercizi  finanziari  2016  e
2017 del citato capitolo di' spesa  11102  denominato  "Funzionamento
del Consiglio regionale",  nella  misura  in  cui  trasferisce  fondi
destinati alle spese di personale  dei  gruppi  consiliari  (capitolo
2024.85 denominato "Budget gruppi consiliari"  del  conto  consuntivo
del Consiglio regionale che costituisce allegato al rendiconto  della
Regione ai sensi dell'art. 3-bis della legge regionale 9 maggio 2001,
n. 18), atteso il diverso esito  delle  valutazioni,  a  seconda  che
vengano applicate o meno le disposizioni di legge impugnate. 
    Peraltro, la Sezione ritiene che non sia manifestamente infondata
la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 40  della  L.R.
Abruzzo 10 agosto 2010, n. 40 (Personale dei gruppi), comma  5,  come
modificato dall'art. 32 della legge regionale 20  novembre  2013,  n.
42, per contrasto con l'art. 117, terzo comma, in relazione  all'art.
9, comma 28, del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78 e con precedenti
statuizioni di sentenze della stessa Corte costituzionale. 
    Sotto il primo profilo, si richiama l'art. 117,  comma  3,  della
Costituzione nella parte  in  cui  sancisce  che  "Nelle  materie  di
legislazione concorrente spetta alle Regioni la potesta' legislativa,
salvo che per la determinazione dei principi fondamentali,  riservati
alla legislazione dello Stato". 
    Tra tali principi rientrano certamente  anche  quelli  legati  al
coordinamento della finanza pubblica. 
    La norma regionale prevede la  deroga,  da  parte  della  Regione
Abruzzo, della disposizione di cui all'art. 9, comma 28, del  decreto
legge  31  maggio  2010,  n.  78  (Misure  urgenti  in   materia   di
stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica), in  forza
della  quale,  a  decorrere  dall'anno  2011,   le   amministrazioni.
pubbliche possono avvalersi di personale a tempo  determinato  o  con
convenzioni ovvero  con  contratti  di  collaborazione  coordinata  e
continuativa, nel limite del 50% della spesa sostenuta per le  stesse
finalita' nell'anno 2009 e di quelle di cui all'art 14, commi 7 e  9,
dello stesso decreto in base alle quali, ai fini del  concorso  delle
autonomie regionali e locali al rispetto degli obiettivi  di  finanza
pubblica,  gli  enti  sottoposti  al  patto  di  stabilita'   interno
assicurano la riduzione delle  spese  di  personale;  e  a  decorrere
dall'anno 2011, le amministrazioni  pubbliche  possono  avvalersi  di
personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con  contratti
di collaborazione coordinata e continuativa, nei limite del 50% della
spesa sostenuta per le stesse finalita' nell'anno 2009. 
    La verifica sulla spesa del  personale  a  tempo  determinato  ha
evidenziato, come sopra osservato per gli anni 2016 e 2017 il mancato
conseguimento del predetto obiettivo di finanza  pubblica.  La  spesa
sostenuta nell'esercizio 2009 per  lavoro  flessibile  dalla  Regione
Abruzzo e' stata, infatti, pari a 10.052.673 euro; il limite previsto
dall'art. 9, comma 28, del d.l. n. 78  del  2010  e'  quindi  pari  a
5.026.336 euro. 
    L'Amministrazione regionale ha invece  sostenuto  una  spesa  per
personale flessibile pari a 5.211.021 euro nel  2016  e  a  5.522.496
euro nel 2017. 
    La Regione ha obiettato l'esclusione, dalla spesa  del  personale
flessibile  soggetta  a  limite,  di  quella  sostenuta  dai   gruppi
consiliari per le assunzione di personale, richiamando il citato art.
40 della legge regionale n. 40 del  2010,  che  stabilisce  che  alle
spese per il personale dei  gruppi  consiliari  non  si  applicano  i
limiti stabiliti dall'art. 9, comma 28, del d.l. n. 78 del 2010. 
    La norma regionale,  della  cui  legittimita'  costituzionale  si
dubita, contrasta con il citato art. 9, comma 28, del d.l. n.. 78 del
2010, che non consente deroghe, e le cui  disposizioni  costituiscono
principi generali ai fini del coordinamento della  finanza  pubblica,
ai quali si adeguano le regioni, le province autonome e gli enti  del
Servizio sanitario nazionale. Pertanto, tale disposizione si pone  in
contrasto con la normativa vigente in materia di  contenimento  della
spesa e di vincoli alle assunzioni del personale di regioni  ed  enti
locali ponendosi in contrasto con i principi stabiliti dall'art. 117,
comma 3, della Costituzione che inquadra la materia del coordinamento
della finanza pubblica fra quelle di legislazione concorrente. 
    Il citato art. 40  della  legge  regionale  n.  40  del  2010  ha
riprodotto la deroga prevista  dall'art.  3,  comma  2,  della  legge
regionale 28 settembre 2012 n. 48, il cui testo originario era  cosi'
formulato: "Ai fini di cui al comma non si considerano le  spese  per
il personale di cui alla l.r. 9 maggio 2001, n. 17 "Disposizioni  per
l'organizzazione e il funzionamento delle strutture amministrative di
supporto agli organi elettivi della Giunta Regionale" e al titolo  Il
della l.r. 9 maggio 2001, n. 18, nei  limiti  degli  organi  e  della
spesa ivi previsti". 
    Questa norma era stata impugnata dal Consiglio dei  ministri  con
deliberazione del 30 novembre 2012,  ai  sensi  dell'art.  127  della
Costituzione, per violazione degli artt. 97 e 117, terzo comma, della
Costituzione e dichiarata costituzionalmente illegittima dalla  Corte
costituzionale con sentenza n. 289 del 2013 che con tale pronuncia ha
avuto modo, come gia' fatto in  precedenti  occasioni,  "di  ribadire
(sentenze n. 108 del 2011 e 148 del 2012) che l'art. 14, comma 7, del
d.l. n. 78 del 2010 - norma  che  introduce  una  nuova  formulazione
dell'art. 1, comma 557-bis, della legge  27  dicembre  2006,  n.  296
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato - legge finanziaria 2007) e le norme di cui  all'art.  1,
commi 557-bis e 557-ter, della stessa legge n. 296 del 2006,  nonche'
quelle di cui all'art. 76, commi 6 e 7, del decreto-legge n. 112  del
2008  (Disposizioni   urgenti   per   Io   sviluppo   economico,   la
semplificazione, la competitivita', la stabilizzazione della  finanza
pubblica  e  la  perequazione  tributaria)  -essendo  «ispirate  alla
finalita'  del  contenimento  della  spesa  pubblica,   costituiscono
principi fondamentali nella materia del coordinamento  della  finanza
pubblica,  in  quanto  pongono  obiettivi  di  riequilibrio,   senza,
peraltro, prevedere strumenti e modalita' per  il  perseguimento  dei
medesimi». 
    Ed invero, «la spesa per il  personale,  per  la  sua  importanza
strategica ai fini dell'attuazione del patto  di  stabilita'  interna
(data la sua rilevante entita'), costituisce non gia' una minuta voce
di dettaglio,  ma  un  importante  aggregato  della  spesa  di  parte
corrente, con la conseguenza che  le  disposizioni  relative  al  suo
contenimento assurgono a principio  fondamentale  della  legislazione
statale» (sentenza n. 69 del 2011, che richiama la  sentenza  n.  169
del 2007). 
    Anche con riferimento all'art. 14, comma 9, del d.l.  n.  78  del
2010 (che ha novellato l'art. 76, comma 7, del d.l. n. 112 del 2008),
questa Corte (sentenze numeri 108 del 2011 e 148  del  2012)  ha  poi
riconosciuto  la  stessa  natura  di  principio  fondamentale   anche
all'art. 76, comma 7, del d.l. n. 112 del 2008 (sia  pure  nel  testo
vigente al momento della anzidetta decisione). 
    Ad identiche conclusioni questa Corte e' giunta, nelle richiamate
pronunce e nella successiva  sentenza  n.  262  del  2012,  circa  la
valenza dell'art. 9, comma 28, sempre sul presupposto che tale  norma
pone obiettivi di riequilibrio in un aggregato di spesa di  rilevante
importanza strategica quale quello delle spese per il personale. 
    La Corte costituzionale, peraltro, in precedenza (ved.  sent.  n.
173 del 2012, punto n. 11 del considerato in diritto), aveva respinto
i ricorsi proposti da regioni a  statuto  ordinario  in  merito  alla
legittimita' costituzionale di tale limite di spesa. 
    Il Giudice delle leggi  ha,  infatti,  osservato  che  "la  norma
oggetto della presente  questione  e'  stata  legittimamente  emanata
dallo  Stato  nell'esercizio  della  sua  competenza  concorrente  in
materia di coordinamento della finanza pubblica. Essa, infatti,  pone
un obiettivo generale di contenimento  della  spesa  relativa  ad  un
vasto settore del personale e, precisamente, a quello  costituito  da
quanti collaborano pubbliche amministrazioni in virtu'  di  contratti
diversi dal rapporto di impiego a tempo indeterminato. L'art.  9,  c.
28, censurato, d'altronde, lascia  alle  singole  amministrazioni  la
scelta circa le misure da adottare con riferimento  ad  ognuna  delle
categorie di rapporti  di  lavoro  da  esso  previste.  Ciascun  ente
pubblico puo' determinare se e quanto ridurre  la  spesa  relativa  a
ogni singola tipologia contrattuale, ferma restando la necessita'  di
osservare il limite del 50 per cento della spesa complessiva rispetto
a quella sostenuta nel 2009". 
    Va  segnalato  anche   che   a   seguito   della   pronuncia   di
incostituzionalita' dell'art. 3, comma 2, della  legge  regionale  28
settembre 2012, n. 48, lo stesso e' stato cosi riformulato: 
        "1.  La  Regione,  nel  rispetto  dei  principi  generali  di
coordinamento della finanza pubblica, attua quanto disposto dal comma
28 dell'articolo 9, e dai commi  7e  9  dell'articolo  14,  del  d.l.
78/2010 convertito, con modificazioni, dalla l. 122/2010. 
        2. Al fine della determinazione del limite di  cui  al  comma
28, dell'articolo 9, del D.L. 31 maggio 2010, n. 78  "Misure  urgenti
in  materia  di  stabilizzazione  finanziaria  e  di   competitivita'
economica", convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  30  luglio
2010, n. 122, sono incluse tutte le spese sostenute per il  personale
assunto a tempo  determinato  nell'anno  2009,  ivi  compreso  quelle
sostenute per il personale assunto a tempo determinato perle esigenze
dei gruppi consiliari". 
    In sostanza, viene ampliato il plafond  di  spesa  del  2009  con
l'inclusione nella spesa per il personale  a  tempo  determinato  del
personale assunto a tale titolo per le esigenze dei gruppi consiliari
che pero', negli anni successivi, viene escluso dalla spesa sostenuta
per le stesse finalita' e che, a decorrere dal 2011, deve  rispettare
i1 limite fissato dall'art. 9, comma 28, n. 78 del 2010 e al quale la
Regione ha inteso derogare con la previsione dell'art 40 della  legge
regionale n. 40 del 2010. 
    La Regione, in merito ai  rilievi  sollevati,  ha  trasmesso  una
memoria in  cui  ha  ribadito  di  aver  "agito  correttamente  nella
fattispecie in esame  applicando  alla  spesa  per  l'assunzione  del
personale dei gruppi consiliari il  tetto  di  spesa  costituito  dal
costo  di  un'unita'  D  6  per  ciascun  consigliere   definito   in
applicazione del citato d.l. n. 174 del 2012 lasciando invece per  le
assunzioni per le segreterie degli organi elettivi (Presidente,  Vice
Presidente, Componenti dell'ufficio di  Presidenza  e  Presidenti  di
Commissione) il limite finanziario di cui all'art. 9, comma  28,  del
decreto n. 78/2010". 
    Inoltre, ha rappresentato che: "L'art. 32 della L.R. n.  42/2013,
quindi, non si pone in  contrasto  con  i  principi  fondamentali  in
materia di coordinamento della finanza pubblica di  cui  all'art.  9,
comma 28, del D.L. n.  78/2010,  ne'  tantomeno  si  configura  quale
reiterazione della precedente norma censurata dalla 
    Consulta con la citata sentenza n.  289/2013,  stante  il  mutato
quadro normativa statale di principio in materia. Al  contrario,  nel
caso di specie, il legislatore regionale  ha  dipanato  la  questione
facendo ricorso ai normali  criteri  ermeneutici  di  interpretazione
delle leggi  (criterio  di  specialita'  secondo  cui  lex  specialis
derogat legi generali e criterio della successione  delle  leggi  nel
tempo secondo cui lex posterior derogat legi priori), in applicazione
dei quali i sopravvenuti tetti di spesa posti dall'art. 2,  comma  1,
lettera li)  del  D.L.  n.  174/2012,  norma  speciale  e  successiva
rispetto a quella precedente e generale rappresentata  dal  comma  28
dell'art. 9 del D.L. n. 78/2010, prevalgono sui limiti  di  spesa  di
quest'ultima". 
    Invero, l'art. 2, comma 1, del decreto legge 10 ottobre 2012,  n.
174, che reca il titolo "Riduzione dei  costi  della  politica  nelle
Regioni", dispone che:  "Ai  fini  del  coordinamento  della  finanza
pubblica e per il contenimento della spesa pubblica, a decorrere  dal
2013 una quota pari all'80 per cento  dei  trasferimenti  erariali  a
favore delle regioni, diversi da quelli  destinati  al  finanziamento
del Servizio sanitario nazionale, delle politiche sociali  e  per  le
non autosufficienze e al trasporto  pubblico  locale,  e'  erogala  a
condizione che la regione, con  le  modalita'  previste  dal  proprio
ordinamento, entro il 23 dicembre 2012, ovvero entro sei  mesi  dalla
data di entrata in vigore della legge  di  conversione  del  presente
decreto qualora occorra procedere a modifiche statutarie: omissis". 
    Fra le misure da adottare, alla lettera h), e'  indicata:  "abbia
definito,  per  le  legislature  successive  a  quella  in  corso   e
salvaguardando per le legislature correnti  i  contratti  in  essere,
l'ammontare delle spese  per  il  personale  dei  gruppi  consiliari,
secondo  un  parametro  omogeneo,  tenendo  conto  del   numero   dei
consiglieri,  delle  dimensioni  del   territorio   e   dei   modelli
organizzativi di ciascuna regione". 
    La norma statale ha quindi indicato un metodo per  perseguire  un
contenimento dei costi della politica nelle Regioni. Successivamente,
la Conferenza Stato-Regioni (CSR) ha individuato un limite  di  spesa
parametrandolo unicamente  al  costo  di  un'unita'  D6  per  ciascun
consigliere regionale. 
    Sulla questione anche la Sezione di controllo per le Marche,  con
la relazione allegata alla parifica del rendiconto 2018, ha  ritenuto
che nel vigente quadro ordinamentale  "coesistono  due  tipologie  di
vincoli operanti su piani differenti che producono effetti diversi  e
non pienamente sovrapponibili.  Il  primo  vincolo,  infatti,  agisce
sulle spese per il personale (interno ed  esterno)  dei  soli  gruppi
consiliari ed e' dettato da norme che perseguono il chiaro  obiettivo
della riduzione dei c.d. costi della politica (art. 1, c 1  lett.  h)
di. 174/2014; deliberazione CSR del 6 dicembre 2012; art. 1, c. 3  l.
r.  14/2014).  Il  secondo  vincolo  agisce,   invece,   sul   totale
complessivo delle spese per lavoro flessibile senza esclusione alcuna
(secondo l'insegnamento della Consulta) con l'obiettivo di ridurre la
formazione del fenomeno del precariato e contribuire, anche  dopo  le
modifiche intervenute con l'approvazione del d.l. 90/2014, a  ridurre
i costi complessivi del personale. 
    Pertanto, a parita' di spesa  complessiva  l'eventuale  riduzione
della spesa per lavoro flessibile c.d. funzionale non puo' finanziare
un indefinito incremento della spesa per  il  personale  dei  gruppi,
stante il limite massimo posto dalla delibera della CSR cit. definito
in attuazione dell'art. 1, c.1 lett. h) del d.l. 174/2014. Viceversa,
in  base  ai  principi  ricavabili   dalla   sentenza   della   Corte
costituzionale cit., la spesa per il personale esterno dei gruppi non
puo' determinare il superamento dei limiti posti dall'art. 9,  c.  28
del d.l. 78/2010, anche se contenuta nei limiti massimi di  cui  alla
delibera della CSR cit.". 
    La Corte  costituzionale  ha  ribadito  con  la  citata  sentenza
289/2013 che «quanto alla presunta finalita' della norma regionale di
assicurare il funzionamento degli uffici  di  diretta  collaborazione
mediante l'esenzione dal rispetto dei' limiti di  spesa  siabiliti  a
livello  nazionale  [...]  la  particolare  rilevanza  del  carattere
necessariamente  fiduciario  nella  scelta  del  personale,  a  tempo
determinato,  degli  uffici  di  diretta  collaborazione,   se   puo'
autorizzare deroghe al principio del pubblico concorso  nella  scelta
dei collaboratori, non  consente  deroghe  ai  principi  fondamentali
dettati dal legislatore statale in  materia  di  coordinamento  della
finanza pubblica, tra i quali va ricompreso anche l'art. 14, comma 9,
del decreto-legge n. 78 del 2010» (sent. n. 130 del 2013). 
    Peraltro,  l'art.  40  citato,  nella  misura  in   cui   intende
sostanzialmente riproporre una deroga ad  un  principio  fondamentale
nella  materia  del  coordinamento  della  finanza   pubblica,   gia'
dichiarata incostituzionale dalle pronunce n. 262 del 2012 e n..  289
del  2013,  presenta   un   ulteriore   profilo   di   illegittimita'
costituzionale,   sub   specie   per   violazione    del    giudicato
costituzionale ex all'articolo 136 della Costituzione. 
    La Corte ha, infatti, in piu' occasioni affermato che "il giudice
costituzionale e' violato non solo quando il  legislatore  emana  una
norma che costituisce una mera riproduzione di quella  gia'  ritenuta
lesiva della Costituzione, ma anche laddove la nuova disciplina  miri
a  perseguire  e  raggiungere,  "anche  se   indirettamente",   esiti
corrispondenti" (sentenze n. 73 del 2013, 245 del 2012,  n.  223  del
1983, n. 88 del 1966 e n. 73 del 1963). 
    Alla luce delle precedenti considerazioni,  il  Collegio  ritiene
rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 40 della legge regionale 10 agosto 2010,  n.
40, come modificato dall'art. 32 della legge  regionale  20  novembre
2013, n. 42 con riferimento agli artt. 117, comma 3, 81, 97, comma 1,
Cosi (in relazione all'art. 9, comma 28, del decreto-legge 31  maggio
2010, n 78) e all'art. 136 Cost.